Super dollaro, motivi e conseguenze del rialzo. Le stime di ING
Nelle ultime settimane sui mercati stiamo assistendo ad un marcato apprezzamento del dollaro. Il Dollar Index, che traccia l’andamento del biglietto verde rispetto alle altre principali valute, ha toccato i massimi da novembre 2022 superando i 106 punti, sostenuto da una serie di fattori. Esaminiamoli più nel dettaglio e vediamo quali sono le ripercussioni sui mercati finanziari di questo rafforzamento della moneta statunitense.
Le cause dietro il rafforzamento del dollaro
Tra le motivazioni principali di questo movimento rialzista del dollaro c’è sicuramente il cambiamento delle prospettive sui tassi di interesse della Fed, che ha determinato un incremento dei rendimenti dei Treasury, saliti al livello più alto dall’ottobre 2007.
Nella riunione della scorsa settimana la banca centrale americana ha lasciato invariato il costo del denaro, ma le proiezioni sulla traiettoria dei Fed Funds rate (i cosiddetti dot plot) e le ultime dichiarazioni dei funzionari hanno alimentato l’aspettativa di tassi più elevati – con un altro aumento possibile nel 2023 – per un periodo di tempo più lungo. Su questa lunghezza d’onda anche il presidente Jerome Powell, che interverrà nuovamente questa settimana.
Come sottolineato da ING, ora gli investitori prevedono che il costo del denaro fra tre anni, dopo che la Fed avrà nuovamente abbassato i tassi, si attesti intorno al 4%, rispetto al 2,7% previsto all’inizio di quest’anno.
Un altro fattore che pesa sui Treasury americani, secondo ING, è determinato dalle aste di titoli a due, cinque e sette anni in programma questa settimana, per un importo complessivo di 134 miliardi, mentre crescono i timori di uno shutdown governativo questo sabato in mancanza di un accordo tra Repubblicani e Democratici su un disegno legge per aumentare momentaneamente le spese.
La solida economia Usa sostiene il biglietto verde
Tra gli altri fattori a supporto del dollaro figura senz’altro la forza dell’economia statunitense. Le possibilità di una recessione negli Usa, secondo gli analisti, si stanno affievolendo e un atterraggio morbido sembra sempre più probabile, seppur con alcuni rischi. Il mercato del lavoro rimane solido, malgrado qualche segnale di raffreddamento, e la spesa dei consumatori continua a sostenere la crescita del Pil.
Inoltre, la valuta della prima superpotenza mondiale rappresenta una sorta di bene rifugio e questo la rende più appetibile in fase di avversione al rischio come quella che i mercati stanno attualmente attraversando.
Infine, il dollaro sta anche beneficiando della debolezza delle monete degli altri Paesi. L’eurozona continua ad evidenziare un’attività economica debole, caratterizzata da una contrazione del manifatturiero e da un calo dei servizi, con possibili effetti negativi sul Pil anche nel quarto trimestre dell’anno. Le incertezze sulla crescita della regione frenano l’euro, così come la possibilità che la Bce sia giunta alla conclusione del suo ciclo di inasprimento monetario. La possibilità che l’Eurotower aumenti i requisiti di riserva obbligatoria per le banche rischia di contrarre il credito e accrescere il pessimismo.
Le conseguenze del dollaro forte
Il superdollaro ha un impatto immediato sui prezzi delle materie prime denominate in valuta statunitense, su tutte il petrolio che infatti ha parzialmente rallentato la propria corsa nelle ultime sedute, dopo il rally innescato dall’estensione dei tagli alla produzione di Arabia Saudita e Russia.
L’apprezzamento della valuta statunitense rischia anche di penalizzare i mercati emergenti, che storicamente evidenziano una correlazione inversa con il biglietto verde. L’ascesa del biglietto verde genera una fuga di capitali dai Paesi meno sviluppati, rende il debito denominato in dollari più oneroso e penalizza le valute locali, spesso legate a doppio filo con materie prime di cui i Paesi emergenti sono ricchi.
“Un dollaro forte è normalmente associato a rischi per i mercati emergenti, soprattutto perché la forza del dollaro è stata trainata dall’aumento dei rendimenti statunitensi, il che significa che alcune economie più piccole hanno ora un accesso ridotto (e più costoso) ai finanziamenti in dollari”, spiega Francesco Pesole, Forex Strategist di ING.
Conseguenze anche per quanto riguarda le economie più avanzante dell’Asia: il Giappone è pronto a sostenere lo yen con interventi sul mercato monetario, mentre le principali banche cinesi tentano di frenare il deprezzamento dello yuan.
Le stime di ING sul cambio euro/dollaro nel 2023 e 2024
“Ci aspettiamo un deterioramento delle prospettive economiche degli Stati Uniti al di là delle attuali aspettative del mercato e che la Fed tagli i tassi di interesse a un ritmo più rapido di quello attualmente incorporato nella curva del dollaro”, spiega Francesco Pesole di ING.
“Pertanto, ci collochiamo all’estremità ribassista dello spettro per quanto riguarda il dollaro e vediamo l’EUR/USD muoversi verso 1,15 entro la seconda metà del 2024.”
A guidare il cambio euro/dollaro al momento sono soprattutto “i dati sull’attività degli Stati Uniti, che determinano quanto i mercati prezzano in termini di allentamento monetario della Fed nel 2024. In sostanza, tutto si riduce alla funzione di reazione della Fed a un eventuale deterioramento delle prospettive economiche degli Stati Uniti, che non solo determinerà la direzione del dollaro, ma avrà anche un forte impatto su altre asset class come le azioni.”