Schroders: meglio le large cap nel breve-medio termine
La stagione delle trimestrali è al suo avvio Oltreoceano e nei prossimi due mesi si susseguiranno anche i dati relativi al secondo semestre relativi alle compagnie del Vecchio continente. In un momento di incertezza dei mercati azionari globali, determinata dalla presenza di diversi squilibri in vari settori finanziari, il driver rappresentato dai risultati societari può rappresentare il volano decisionale in grado di spingere i listini a superare al rialzo l’attuale fase, oppure la conferma ai timori che il motore che fa girare i listini dal marzo 2003 è vicino ad incepparsi.
Per il Vecchio continente in particolare lo scenario, sotto l’aspetto macroeconomico è decisamente positivo. La preoccupazione maggiore è legata all’andamento della dinamica inflazionistica, che preoccupa non poco la Banca centrale europea, ma anche un euro troppo forte non lascerebbe dormire sonni tranquilli. Le esportazioni ne risentirebbe ma ciò potrebbe contribuire a raffreddare l’economia europea senza ricorrere a politiche montarie marcatamente restrittive.
In un tale scenario il secondo trimestre delle aziende dell’Unione dovrebbe essere stato positivo. Olaf Siedler, fund manager del comparto European absolute return di Schroders, sottolinea “le attese ottimistiche di molti osservatori” e la stima di Citigroup secondo cui “solo il 12% delle compagnie del Vecchio continente che presenteranno i risultati nei prossimi due mesi sono candidate per soprese negative”. Sorprese che d’altronde sono difficili per definizione da prevedere e, in fondo, nota Siedler, “il recupero dei listini dalla battuta d’arresto della fine di giugno è arrivata proprio dalle anticipazioni su un recupero dei profitti nel secondo trimestre”.
L’analisi del fund manager di Schroders divide il mondo in ciò che è bene e ciò che è male. “Fattori ciclici e strutturali hanno spinto i guadagni delle aziende europee e i listini al rialzo dai minimi del 2003, fino a portarli in un terreno mai sondato prima. Il sostegno derivante da alcuni elementi della macroeconomia è tuttora esistente – commenta Siedler – in particolare la crescita solida del pil, un’inflazione bassa e il costo del lavoro sotto controllo”. In tale scenario i guadagni non dovrebbero andare sotto significative pressioni nei prossimi sei-dodici mesi a meno di “un rallentamento della crescita nella seconda metà dell’anno come risultato di incrementi indesiderati dei tassi di interesse o impennate del prezzo dell’oro nero”. Entrambe queste situazioni non rientrano però nello scenario di base degli investitori.
D’altra parte i movimenti registratisi sul comparto delle obbligazioni potrebbero aver rimosso una delle componenti chiave della spinta sui mercati azionari, il denaro a basso costo. E la reazione dei mercati, con il cosiddetto “flight to quality” si è vista in occasione degli ultimi scrolloni di mercato. “Tuttavia i mercati hanno ben presto ripreso il normale andamento come se nulla fosse stato. Non si può però fare come se nulla fosse perché gli sviluppi del mercato delle obbligazioni potrebbe accelerare la maturazione del ciclo dei guadagni e segnalare che sempre meno azioni saranno in grado di sostenere una crescita significativa dei profitti”. Ecco perché, conclude l’analisi di Siedler, la qualità dei profitti potrebbe rimpiazzare, come driver di crescita, le sorprese positive nelle trimestrali. “I tassi di interesse elevati hanno meno effetto sui bilanci solidi caratteristici delle large cap. Oltreutto questi titoli sono ora più a buon mercato e rendono di più, senza contare il ruolo di primo pianop giocato dalle big nel processodi M&A in atto. Ecco perché le compagnie a maggiore capitalizzazione dovrebbero fare meglio nel breve e medio termine”.