Bce: SOS BTP con fine PEPP. Occhio anche a Germania ‘sick man’ d’Europa
Rischio fine PEPP Bce: i BTP & Co. soffrono anche oggi, dopo la rimonta di giovedì scorso, quando l’interpretazione dovish di quanto scritto nel comunicato della Bce di Christine Lagarde aveva fatto scattare forti buy su tutti i titoli di stato dell’area euro.
La rimonta è durata però il tempo di una seduta: quella del Bce-Day, giorno in cui la banca centrale europea ha fatto il tanto atteso annuncio sui tassi, comunicando quella che è stata considerata una sorta di frase magica.
Sui BTP, il sentiment è peggiorato già il giorno dopo, ovvero durante la sessione di venerdì 15 settembre, con i trader che sono tornati subito a smobilizzare i bond sovrani dell’Eurozona, dopo la bomba hawkish lanciata dal Financial Times e sulla scia, anche, di alcune dichiarazioni rilasciate di nuovo da Christine Lagarde che, in occasione della riunione dell’Eurogruppo, non ha perso tempo ad avvertire che la Bce, alla possibilità di tagli dei tassi, neanche ci sta pensando.
I BTP sono stati presi cosìdi mira dalle vendite, tanto che i tassi decennali sono balzati venerdì di 11 punti base, recuperando tutto il calo archiviato nel Bce-Day.
- Tassi BTP e spread BTP-Bund: i valori post annuncio tassi Bce
- Schiaffo ai BTP dai falchi di Francoforte: l’acronimo chiave PEPP
- Al capolinea lo strumento anti-spread salva BTP della Bce?
- M&G Investments: il PEPP ha i giorni contati
- Outlook funesto per i BTP. Occhio anche alla Germania ‘sick man of Europe’
Tassi BTP e spread BTP-Bund: i valori post annuncio tassi Bce
Oggi la nuova settimana di contrattazioni inizia con ulteriori sell sui titoli di stato dell’area euro che, nel caso specifico dei BTP, portano i tassi a salire al 4,478%, e i tassi dei Bund a 10 anni al 2,686%.
Il risultato è uno spread in crescita attorno a 179 punti base circa.
Non si può certo di parlare di fiammata dei tassi dei BTP e dello spread BTP-Bund, ma certo l’effetto positivo del Bce Day è stato del tutto azzerato.
Valore in tempo reale di spread BTP-Bund e tassi BTP
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Schiaffo ai BTP dai falchi di Francoforte: l’acronimo chiave PEPP
I sell sui BTP sono scattati anche a seguito delle dichiarazioni dei due banchieri centrali presenti nel Consiglio direttivo della Bce: Martins Kazaks e Madis Mueller, che hanno reiterato entrambi la necessità di battere l’inflazione dell’Eurozona ponendo fine ai reinvestimenti dei titoli di stato del blocco:
non quelli effettutati nell’ambito del piano APP (o PPA in italiano), la cui fine è stata già decretata, ma quelli che tuttora avvengono nell’ambito del piano PEPP: l’altro QE, il cosiddetto QE pandemico (termine tecnico Pandemic Emergency Purchase Programme).
A essere presi di mira, nelle ultime ore, sono stati anche i Bund tedeschi: occhio in particolare ai tassi dei Bund a 2 anni, quelli più sensibili alle mosse della Bce, che sono saliti fino al 3,254%, al record dal 31 luglio, in linea con il rinfocolarsi delle scommesse dei mercati monetari su un nuovo rialzo dei tassi da parte dell’Eurotower verso la fine dell’anno. Le probabilità su una ulteriore stretta sono salite, di fatto, fino a oltre il 30% nei primi minuti di contrattazione della seduta odierna.
Tornando al PEPP, va detto che è questo l’acronimo chiave per capire come muoversi sui BTP (e non solo).
Finora la Bce di Christine Lagarde ha confermato la prosecuzione del piano di acquisti di asset sfornato durante l’emergenza della pandemia Covid-19, per la precisione dei reinvestimenti della somma dei titoli giunti a scadenza, fino alla fine del 2024.
Ma i falchi Kazaks e Mueller hanno detto di auspicare che la Bce stacchi la spina più presto, rispetto ai tempi stabiliti.
E non c’è alcun dubbio sul fatto che, in caso di eventuale stop al piano, sarebbero i titoli di stato della periferia dell’area euro a scontare la fine dei giochi.
Al capolinea lo strumento anti-spread salva BTP della Bce?
Da un tweet dell’ex di Goldman Sachs, capo economista dell’Institute of International Finance IFF Robin Brooks, è emerso che la Bce sta continuando a sostenere i BTP proprio grazie al PEPP, strumento che potrebbe essere definito anche una sorta di salva-Italia e scudo anti-spread.
“La Bce al momento sta utilizzando i titoli governativi tedeschi in scadenza per reinvestire quelle somme in titoli governativi italiani. E questo, di fatto, significa che il QE della Bce sta andando avanti a favore dell’Italia (e in modo decisamente inferiore a favore della Spagna), mentre il QT è in atto in Germania. E significa, anche, che sono i rendimenti tedeschi che riflettono i veri rendimenti di mercato. Non l’Italia”, ha scritto Brooks in un post pubblicato su Twitter nel mese di luglio.
E’ indubbio che la fine dei giochi per il PEPP sarebbe un forte schiaffo contro la carta italiana, in un momento in cui, tra l’altro, proprio i tassi dei BTP e lo spread BTP-Bund sono tornati sotto la lente degli investitori, con l’Italia finita sotto il radar dei mercati riguardo a diversi dossier, come la tassa sugli extraprofitti delle banche, l’opposizione del governo Meloni al Mes, la legge di bilancio per il 2024 e il Patto Stabilità e crescita .
Gli analisti del team Market Strategy di Mps-Monte dei Paschi di Siena hanno fatto il punto della situazione post Bce, spiegando nella nota odierna dedicata ai mercati che “l’effetto della riunione della Bce sui bond governativi dell’Eurozona ha avuto vita breve, dopo la raffica di buy e, di conseguenza, il tonfo dei rendimenti, di cui i bond italiani hanno beneficiato giovedì scorso, nel Bce-Day.
Già “venerdì i rendimenti sono tornati a salire, annullando praticamente tutto il calo della seduta precedente“, ha ricordato Mps.
Motivo, le dichiarazioni arrivate, per l’appunto, dai membri “falchi” della Bce, che “hanno lasciato aperta la possibilità di un ulteriore rialzo (Muller, Vasle, Simsuk, Holzmann), anche se, come sottolineato dall’esponente austriaco Holzmann, la ‘probabilità di tale eventualità non è elevata’ “, frase che porta a pensare che “nemmeno all’interno dei ‘falchi’ ci sia un forte consenso per proseguire col ciclo restrittivo”.
Detto questo, per i BTP la cattiva notizia comunque c’è.
M&G Investments: il PEPP ha i giorni contati
Come spiegato dagli strategist di Mps, infatti, “la discussione all’interno del Consiglio Direttivo potrebbe ora spostarsi, come paventato dal membro estone Muller, verso un’accelerazione nella riduzione del bilancio e, in particolare, di una fine anticipata dei reinvestimenti PEPP”.
E “il tema – hanno confermato da Siena – è particolarmente delicato soprattutto per i nostri titoli di stato in considerazione del fatto che fin qui tali reinvestimenti hanno fornito una sorta di scudo sullo spread privilegiando la carta italiana“.
Si è espresso sulla questione PEPP anche Wolfgang Bauer, gestore di fondi di M&G Public Fixed Income Team di M&G Investments, ricordando nel commento cosa sta facendo in generale la Bce di Christine Lagarde anche con l’altro programma di acquisti di asset APP, termine tecnico che fa riferimento, praticamente, al QE-Quantitative easing lanciato anni fa, all’epoca in cui a guidare l’Eurotower era l’ex presidente del Consiglio Mario Draghi:
“Le dimensioni del portafoglio del Programma di acquisto di asset (APP) della Bce si stanno riducendo poiché, a partire da luglio 2023, l’Eurosistema non reinveste più i pagamenti del capitale dei titoli in scadenza”, ha scritto Bauer nella sua nota, aggiungendo che “questo non vale però per il programma di acquisto di emergenza per la pandemia (PEPP), quel piano con cui “la Bce intende reinvestire i pagamenti in linea capitale all’interno del portafoglio di obbligazioni PEPP, pari a circa 1.700 miliardi di euro, almeno fino alla fine del 2024”.
“In conferenza stampa – ha riassunto il gestore – alle domande sui reinvestimenti del PEPP la Presidente Lagarde si è affrettata a respingere ogni speculazione su un potenziale cambiamento di rotta. Dal suo punto di vista, è comprensibile una certa riluttanza ad abolire i reinvestimenti, che ridurrebbero le dimensioni e l’importanza del PEPP”.
Bauer ha ricordato che, “a differenza dell’APP, che impone regole rigide basate sul capitale per l’allocazione degli acquisti di obbligazioni nell’area euro, il PEPP dà alla Bce molta più libertà”.
“Creati nel contesto delle crescenti pressioni sulla periferia europea al culmine della pandemia, gli investimenti del PEPP possono, ad esempio, essere indirizzati in modo sproporzionato verso gli emittenti di obbligazioni periferiche. In caso di necessità, il PEPP offre alla Bce, in teoria, una flessibilità e una potenza di fuoco sufficienti per evitare che lo spread tra le obbligazioni periferiche e quelle core diverga troppo. In questo senso, la Bce intende il PEPP come uno strumento di gestione degli spread. È difficile lasciare andare uno strumento così potente e vederlo lentamente svanire con l’interruzione dei reinvestimenti”.
Detto questo, secondo il gestore di M&G Investments, il PEPP ha, ormai, “i giorni contati”.
D’altronde, i “giorni bui ‘dell’emergenza pandemica’ – l’indizio è nel nome – sono ormai alle spalle. Continuare i reinvestimenti del PEPP sembra
anacronistico. E contraddice il passaggio della Bce da una politica monetaria ultra-accomodante a una molto più restrittiva, alla luce dei numeri dell’inflazione dell’area euro ben al di sopra dell’obiettivo, creando così potenziali problemi di credibilità”.
“Per quanto mi riguarda – ha concluso Wolfgang Bauer – sarei sorpreso se i reinvestimenti del PEPP continuassero davvero fino alla fine del 2024”.
Outlook funesto per i BTP. Occhio anche alla Germania ‘sick man of Europe’
Commenti non di buon auspicio per i BTP e per i titoli di stato dell’area, in un momento in cui l’Europa continua a concentrarsi sui guai del ‘sick man dell’Europa’, identificato nella Germania.
Ma è proprio questo il paese grande malato dell’Europa?
Nelle ultime ore la definizione è stata contestata dall’economista Robin Brooks, con un post pubblicato su Twitter con cui ha fatto riferimento, piuttosto, dai dati nudi e crudi del Pil pro-capite su base reale.
“La prossima volta che qualcuno vi dice di nuovo che la Germania è il ‘sick man dell’Europa’, sorridete, guardatelo negli occhi, e poi dite: ‘Il Pil pro-capite della Germania è in rialzo del 13% dal 2007, quello della Francia del 6%, quello della Spagna è piatto e quello dell’Italia è in calo del 4%. In che senso la Germania è la grande malata dell’Europa?”.
Robin Brooks si è riferito a diversi articoli di stampa, che hanno bollato la Germania come il grande malato dell’economia europea.
La crisi tedesca è evidente, e oggi è stata la stessa Bundesbank, banca centrale tedesca, ad ammettere che, a suo avviso, l’economia tedesca si contrarrà probabilmente nel trimestre attuale, ovvero nel terzo trimestre del 2023, a causa della recessione in cui è scivolata la sua industria e, anche, per la debolezza dei consumi dei privati.
In un rapporto mensile diramato oggi, la Bundesbank ha sottolineato che, “nonostante il rallentamento dell’aumento dei prezzi, il forte aumento dei salari e le buone condizioni del mercato del lavoro, le famiglie continuano tuttora a mettere il freno alle spese. Sul trend dell’economia, oltre alla frenata dei consumi, pesa anche la maggiore debolezza presente nell’industria” .
Proprio lo scorso lunedì, la Commissione europea ha annunciato l’aggiornamento delle proprie previsioni sulla crescita del Pil euro e Ue, annunciando, tra le altre cose di prevedere una recessione per l’economia tedesca, con un effetto domino destinato a contagiare anche altri paesi, soprattutto l’Italia.